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L'omicidio di un'illusione in diretta e in HD










Un po'perché di Pollock ce ne può essere solo uno, con la sua inesauribile vena di scrittura, un po'perché io a volte mi sento come quelle meteore dello spettacolo che fanno ballare per una sola estate per poi riproporre quell'unico successo per il resto della vita nelle sagre di paese, per questo editoriale ho voglia di riproporre un pezzo che scrissi ormai dieci anni fa in quel blog che durò quanto Sabiri alla Fiorentina. Un pezzo a cui sono molto affezionato, che qualcuno di voi ha già avuto l'immensa fortuna di leggere e che mi dispiaceva sapere lasciato lì a prendere polvere.







Ho passato una discreta parte della mia vita con i gomiti poggiati sul bancone di un locale. La maggior parte delle volte in compagnia del mio amico Rambo, ma spesso anche da solo. Il locale per me finisce lì, davanti al bancone. Tavoli, privè e piste da ballo non mi hanno mai interessato molto. Forse perché quello è il posto migliore per ottenere la tua dose liquida di stordimento in maniera veloce, oppure perché così ti mimetizzi prima tra l'arredamento del posto, diventando così visibile agli altri solo se lo vuoi, solo se sei in vena di socialità non molesta. Centinaia di ore passate in mezzo ad un fottìo di gente eppure in uno stato di beata solitudine scandita soltanto da bicchieri vuoti, sigarette e dalla ciclicità di certi pensieri. Pensieri che però a volte ti rispettano, lasciandoti spazio e la possibilità di osservare cosa e chi ti passa vicino. Lo sgabello su cui sei ti sei scompostamente parcheggiato diventa la tua torretta, dall'alto della quale puoi studiare, tra un rum e una birra doppio malto, le anime che respirano la tua stessa aria. E forse intuirne i pensieri, le sensazioni di quei loro piccoli frammenti di vita. Entra una coppia. Lei è carina, lui molto meno. Dal sorriso emozionato di lui si può capire che riuscire a portarla a bere qualcosa è stata un'impresa decisamente dura, fatta di inviti su inviti, fino a quella sera,più o meno gentilmente declinati. Dall'espressione imbarazzata di lei si capisce che l'alternativa che le si era presentata per il sabato sera ,non andava più in là di un ripasso di vecchie puntate di qualche telefilm alla "Grey's anatomy", alternativa che forse aveva scartato con troppa fretta. Lui è raggiante nella sua maglietta nuova di pacca ,evidentemente comprata per l'occasione. Lei guarda spesso in basso, noncurante della frangia mal pettinata che le copre gli occhi non truccati. Tutti e due sono piuttosto rossi in viso, chi per l'emozione e chi per la vergogna. Lui gli propone ,col fare di un meître, la metà dei tavoli del locale senza ricevere risposta a nessuna delle opzioni presentate. Alla fine, dopo cinque di minuti di spostamenti tra i tavoli a mo di falena dentro un lampione, lei si siede su una sedia a caso, non aggravando , così, ulteriormente la già copiosa sudata presente sulla maglietta nuova di lui. Si fanno portare due birre che lui si affretta a pagare per non darle il tempo di fare un gesto a cui lei non aveva minimamente pensato. Il ragazzo prova a parlare di qualcosa ottenendo solo silenzio, qualche cenno del capo e un paio di smorfie catalogabili a fatica sotto la voce: "sorrisi" . Sono seduti da venti minuti senza che lo scambio ,verbale o gestuale che sia, prenda un ritmo appena diverso da quello che si ha con chi si trova a dividere una corsa in ascensore. Stanno lì, con gli occhi persi nel loro bicchiere ,con lui che ha sul volto la chiara espressione di chi sta cercando disperatamente le parole giuste per dare la svolta sperata all'appuntamento e lei con il rimpianto per la replica di Grey's anatomy stampato nello sguardo fatto di occhi fissi verso l'alto. Il lungo fermo immagine si interrompe al passaggio di un gruppetto di ragazzi. Lei si illumina. Salta in piedi e si fionda ad abbracciare uno di loro, inondandolo di parole e sorrisi che, fino a quel momento, non sembravano far parte della sua dotazione comunicativa standard. I due cominciano a parlare, a scherzare e parlando si allontanano da lì. Sempre di più. L'unico abitante del tavolo rimasto adesso è solo, se si esclude la compagnia di due bicchieri e di un cellulare che tanto non ha niente da dire. Quel sorriso pieno di speranza e felicità , impossibile da contenere,con cui era entrato trionfante, l'ha abbandonato, lasciando il posto all'espressione di chi non ha capito come le cose siano così dannatamente cambiate in così poco tempo. Dopo un quarto d'ora che deve essergli sembrato lungo come un'era geologica, Il passaggio del rapitore lo rianima ed il fatto che sia solo e diretto verso l'uscita pare avergli fatto l'effetto di una redbull mista ad anfetamina. Col sorriso dell'inizio, risorto come Lazzaro, in faccia, riaccoglie lei che adesso sembra pettinata e truccata. Senza sedersi gli dice poche parole lo accarezza su una guancia e lo saluta con un bacio che si perde nell'aria ed un sorriso pieno di denti a scopo, forse, risarcitorio. Se ne va. Il ragazzo accompagna ogni suo passo verso la porta con lo sguardo e la bocca che non ne vuol sapere di chiudersi. Torna a guardare le venature del legno del tavolo, prendendo in mano il cellulare, attrezzo ,in quel momento , utile come un blocco di quarzite. Con uno sforzo che sembra enorme si alza, si guarda attorno con lo sguardo di un TOMTOM in galleria e se ne va anche lui, lasciando sul tavolo due bicchieri mezzi vuoti, i cocci di una serata e, forse, di un amore solo sognato. Lo spettacolo finisce come è finito questo giro di birra. Il tempo di una sigaretta all'aria aperta e forse al ritorno ne comincerà un altro.

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