L’epilogo della semifinale è solo l’ennesima replica di un plot che ormai caratterizza la storia della Fiorentina. Potevamo prendere gol in qualsiasi altro modo molto prima ma il tifoso Viola vive in suo personale girone infernale, in cui la condanna eterna consiste nel veder infrangersi i sogni nella maniera più cocente possibile. Magari appena dopo aver riassaporato la speranza. Il ciclo è finito, lo dicono esperti e giornalisti locali ormai da mesi, con una smania di macerie che mi sono convinto faccia parte delle peculiarità di esser fiorentino, almeno geograficamente. Il clima da fine gestione che si respira da qualche tempo ha inzuppato anche questa semifinale, giocata (per me) con lo spirito da saggio di fine anno. Italiano ha voluto iniziare la fine del suo giro in Viola nel segno della coerenza verso il coraggio e i principi di gioco della sua Fiorentina, un modo, forse, anche per mettere la firma su questi tre anni. Un’insistenza che teneva anche conto del passato che vedeva Gasperini in netta difficoltà contro le sue soluzioni. Purtroppo, però, la squadra non aveva le condizioni fisiche per sostenere lo sforzo della partita d’andata. E questo Italiano lo sapeva. La Fiorentina, prima di essere sconfitta tecnicamente è stata brutalizzata fisicamente da un’Atalanta che non ha mai voluto organizzare trame o fraseggi, ma che aveva come unica idea quella di mangiarsi a uomo la squadra viola sulla propria trequarti per poi andare forte in uno contro uno contro i centrali scoperti. La stessa tattica usata a Firenze, ma con interpreti diversi e contro una squadra in diverse condizioni di forma. Lo squilibrio fisico tra le due squadre è stato evidente sin da subito e ha influito su un po’ tutto, dall’aspetto tattico a quello mentale. I ragazzi Viola hanno dato tutto quello che potevano dare in una partita che li vedeva inferiori sotto tutti gli aspetti e i tifosi a fine partita lo hanno capito. Hanno tentato di ribellarsi verso questa situazione di palese sofferenza, hanno lottato e alla fine sono stati puniti da un tentativo di strappare un premio per la loro resistenza. L’Atalanta ha messo in campo un arsenale di qualità che noi non ci potevamo permettere ma alla fine ha vinto per uno scatto d’orgoglio della Fiorentina.
L’Atalanta è obiettivamente più forte, quindi. Ma quando è successo questo switch che ha reso noi gli outsider contro una squadra storicamente poco rilevante? Qual è il peccato originale che ha permesso tutto questo? Quando l’aspetto sportivo è stato sacrificato sull’altare del bilancio. Usando, però, un teorema che nello sport non funziona. La stessa Atalanta è la dimostrazione che che si può spendere forte tenendo i conti a posto. E che si può competere. Oddio, bisogna dire per onestà che ì bergamaschi hanno creato la loro solidità economica anche grazie al vassallaggio verso la Juventus, dalla quale hanno ricevuto carrettate di soldi e nozioni sul calcolo fantasioso delle plusvalenze in una sorta di associazione a quasi delinquere che ha smosso cifre notevoli, ma la Fiorentina del presidente più ricco della serie A e della storia Viola, che quindi non necessita di certe pratiche, non può adottare una politica di contenimento non pro attivo da Diego annoiato. Il ciclo è finito, è vero, ma una spinta definitiva verso i titoli di coda , a parer mio, è arrivata dall’interno con un mercato invernale manmanesco sia nella consistenza che nelle ripercussioni. Se veramente sarà rifondazione, dovrà essere totale e prima che negli uomini, nel modo di costruire solidità in una società sportiva. Perché, al di là delle smentite, in altra stagione all’insegna del contenimento sarà la certificazione di una cosa sola: la cessione.

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