C’è un clima strano attorno a questo inizio di stagione della Fiorentina. Un’aria per me poco respirabile e che arriva un po’ da tutti gli angoli. Palladino non è ancora riuscito ad imprimere il suo marchio nel gioco Viola, è innegabile, ma il tiro al piccione che lo vede protagonista, secondo me non trova molte ragioni. Palladino, lo ripeto, ha passato l’estate ad allenare ragazzini e gente destinata ad andarsene, ha visto la squadra completarsi, almeno numericamente, alla fine del mercato più scemo della storia della Fiorentina ( ah, se l’anno prossimo dovesse finire, come pare, a ferragosto, saranno cazzi), ha dovuto arrabattare, insomma, una squadra in mezzo a partite già decisive e obblighi di campionato. Mi sembrano motivi bastanti per concedere un pizzico di pazienza in più. Eppure mi sembra che la stampa e (forse) la società si siano lanciati in un’opera di distruzione dell’allenatore abbastanza pesante. Con quali pezze d’appoggio, poi? La squadra è sensibilmente più forte degli anni passati? Si viene da un mercato logico e fatto con pacchi di milioni? No. I miei cinquant’anni suonati mi suggeriscono che, come spesso succede in questi casi, c’è qualcosa che puzza sotto. La mia sensazione è che l’allenatore oggi sia usato ancora di più che in passato come capro espiatorio per eludere le responsabilità. Le responsabilità di certe scelte sbagliate del passato e di un lavoro fatto in maniera superficiale quest’anno. Niente di nuovo a Firenze, per carità, ma tutta questa urgenza di sottolineare la delusione per questo inizio di stagione e tutta questa reiterazione mi raccontano di qualcuno che non si sente tanto tranzollo. E che usa i piccioni viaggiatori della stampaglia locale per dirottare. Mi fanno ridere i commenti di chi scrive che “Palladino non è più al Monza”, come se ci corresse di questi tempi chissà quanto scarto. Palladino ha sicuramente delle colpe. Colpe che risiedono nella sua carriera giovane. Si è fatto andare bene le modalità di un mercato idiota e ha avuto la presunzione di poter compensare a questo. Altri avrebbero mandato affanculo tutti. La mia speranza è che raddrizzi la barca e porti questa folle Fiorentina a risultati insperati. Così che il “machivvesencula” successivo possa riecheggiare per i mesi a venire.
Il mal d’Africa è una cosa che fino a due settimane fa io consideravo una cazzata inventata da qualche turista per giustificare il viaggio appena fatto. Avevo una marea di timori e pregiudizi che non mi permettevano di concepire come fosse possibile avere nostalgia dell’epicentro del terzo mondo. E invece scopro sulla mia pelle che di questo, come di tante altre cose, non sapevo proprio un cazzo. L’Africa ti entra dentro. È incredibile come un posto così sporco, così lontano dal nostro concetto di pulizia, riesca a ripulirti così a fondo. Kaolack è una città che non ha niente di turistico. L’intero agglomerato urbano è un’insieme di macerie, case storte che tentano di ergersi, sabbia, monnezza sparsa e scheletri di vecchie auto depredate di qualsiasi parte minimamente funzionante. Per le strade caotiche e dissestate si sviluppa una specie di vorticoso ballo a 70 all’ora in cui esseri umani, automobili, motorini, animali e carri a trazione asinina si sfiorano incessantemente...

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